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Bolzano «Città della Memoria 2022»

24 gennaio 2022

https://www.altoadige.it/cronaca/bolzano/bolzano-citt%C3%A0-della-memoria-2022-1.3111460

Il riconoscimento al capoluogo per il lavoro fatto nel corso degli anni è del Cdec e del ministero dell’Interno

BOLZANO. La città di Bolzano è stata scelta quest’anno come “Città della Memoria 2022”. E sono diversi gli eventi che si legano a tale importante riconoscimento, nonché del programma delle varie cerimonie pubbliche e delle diverse iniziative coordinate dal Comune ed organizzate da vari enti ed associazioni cittadine in occasione anche del Giorno della Memoria di giovedì 27 gennaio prossimo.

E’ stato il Sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi, alla presentazione con il Commissario del Governo, Vito Cusumano, l’Assessora comunale alla Cultura Chiara Rabini e il Vice Presidente della Provincia di Bolzano Giuliano Vettorato , a ricordare come la Fondazione Cdec (Centro di Educazione Ebraica Contemporanea) d’intesa con il Ministero dell’Interno abbia voluto attribuire al capoluogo altoatesino il titolo di “Città della Memoria 2022”, in considerazione del grande impegno profuso dalla Città di Bolzano attraverso il suo Archivio Storico sin dai primi anni ’90, sui temi della Memoria.

Tra le principali iniziative si ricordano il progetto “Storia e Memoria: il Lager di Bolzano” con iniziative di ricerca, attività didattica e percorsi di approfondimento sulla storia di Bolzano nel Novecento.

Più recente è la riqualificazione del Passaggio della Memoria e la realizzazione dell‘installazione commemorativa con i nomi dei deportati nel Lager di via Resia tra il 1944 ed il 1945 visitata anche dai Presidenti della Repubblica Italiana Sergio Mattarella e Austriaca Van der Bellen.

E’ partito proprio dalla Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni il suggerimento e l’invito a scegliere Bolzano quale sede dell’annuale evento organizzato dal Cdec in collaborazione con il Ministero dell’Interno, ossia l’allestimento della mostra “La persecuzione degli ebrei in Italia 1938-1945” che documenta la storia dell’antisemitismo, dalla campagna stampa del 1938 fino alla deportazione ad Auschwitz ed ora allestita al Teatro Comunale sino a fine febbraio e la cui inaugurazione (in diretta streaming sul canale YouTube della Città di Bolzano) ufficiale è in programma lunedì 24 gennaio alle 10.

Previsti gli interventi di Gadi Luzzato Voghera direttore del centro di documentazione ebraica che ha prodotto la mostra, nonchè di Federico Steinhaus della Comunità Ebraica di Merano, di Dario Venegoni presidente Aned e dello storico Hannes Obermair dell’Anpi Alto Adige.

Seguirà il conferimento delle Medaglie d’Onore ai cittadini italiani militari e civili deportati ed internati nei Lager Nazisti.

Sempre nella giornata di lunedì 24 alle 12 al Museo Civico prevista l’inaugurazione della mostra “Oltre quel muro – La resistenza nel campo di Bolzano – Donne e uomini che si opposero alle SS”. Si tratta di una mostra documentaria realizzata da Dario Venegoni e Leonardo Visco Gilardi per conto della Fondazione Memoria della Deportazione.

L’esposizione è stata presentata nel dicembre scorso presso il Teatro Cristallo di Bolzano sotto l’Alto Patronato del Capo dello Stato. In 26 pannelli vengono presentati per la prima volta decine e decine di documenti inediti che testimoniano di un’incessante attività clandestina che coinvolse centinaia di persone dentro e fuori il Lager di via Resia, in aperta sfida alle SS.

Si tratta di fotografie, lettere e documenti reperiti in diversi archivi italiani e tra le carte personali dei familiari di molti ex deportati nel Lager.

Il Sindaco Caramaschi ha ricordato che in occasione del Giorno della Memoria, giovedì 27 gennaio avranno luogo le cerimonie che prevedono alle 10.15 Deposizione di corone in via Resia 80 in memoria dei deportati del Lager e dei Sinti vittime dell’Olocausto: alle  11 la deposizione di una corona al Monumento dedicato agli Ebrei della Regione, presso il Cimitero Ebraico di Oltrisarco e la preghiera del rappresentante della Comunità Ebraica; alle 11.15 deposizione di una corona al Monumento di Manlio Longon presso il cimitero maggiore di Oltrisarco; alle 11.45 deposizione di una corona al Monumento alla deportazione di via Pacinotti con brevi letture e musiche a cura di Remember Festival, Centro Giovanile “Villa delle Rose” – La Strada.

Minimizzare la Shoah non è libera espressione e fa scattare l’aggravante

7 febbraio 2022

Il revisionismo della Shoah non rientra nella libera manifestazione del pensiero. Né chi minimizza lo sterminio di 6 milioni di persone, può invocare la buona fede, perché l’Olocausto è definitivamente accertato, anche grazie allo Stato che ha messo a disposizione gli strumenti culturali per far conoscere la tragedia del popolo ebraico.

La Corte di cassazione (sentenza 3808) conferma la condanna dell’imputato che, il 27 gennaio 2017, nella Giornata della Memoria, aveva affisso nelle vie di Milano volantini con l’immagine di Pinocchio con la scritta sul naso «Made in Israel».

Nei manifestini si ricordavano poi i libri, venduti nelle aree di servizio dell’autostrada «tra una caciotta e un culatello», che riportavano i racconti di esseri umani trasformati in bottoni e saponette. Una cultura ufficiale che – secondo gli scritti che la Cassazione definisce aberranti – avrebbe paura degli studi revisionisti, perché ha qualcosa da nascondere.

La Corte condanna. E sottolinea che non solo il negazionismo fa scattare l’aggravante, in caso di propaganda di idee fondate sull’odio razziale (articolo 604-bis del Codice penale), ma anche la minimizzazione.

La Cassazione va oltre, affermando l’esistenza di una continuità tra politica nazista e occultamento delle prove del genocidio. Obiettivo degli autori «che si definiscono storici» è convincere che la Shoah sia una grande impostura. Il fine vero non è «la ricerca della verità, ma piuttosto quello (inaccettabile) di riabilitare il regime nazionalsocialista».

Giornata della Memoria 2017. Ho fatto un sogno di Yitzhak Katzenelson (Traduzione di Sara Ferrari)

27 gennaio 2017

giornatamemoria

Inauguriamo, in occasione della Giornata della Memoria 2017, un nuovo capitolo della sezione poesia del blog che sarà curata da Sara Ferrari.
***
Ho fatto un sogno
di Yitzhak Katzenelson (1886-1944)

חֲלוֹם חָלַמְתִּי,
נוֹרָא מְאֹד:
אֵין עַמִּי, עַמִּי
אֵינֶנּוּ עוֹד.

בִּצְעָקָה קַמְתִּי –
אֲהָהּ! אֲהָהּ!
אֲשֶׁר חָלַמְתִּי
בָּא לִי, בָּא!

הָהּ, אֵל בָּרָמָה!
אֶקְרָא רְתֵת:
עַל מַה וְלָמָּה
עַמִּי מֵת?

עַל מַה וְלָמָּה
מֵת לַשָּׁוְא?
לֹא בַּמִּלְחָמָה,
לֹא בַּקְּרָב…

נְעָרִים, זְקֵנִים,
גַּם נָשִׁים וָטָף –
כְּבָר אֵינָם, אֵינָם –
סִפְּקוּ כַּף!

כֹּה אֵבְך בִּיגוֹנִי,
גַּם יוֹם, גַּם לֵיל:
עַל מַה, רִבּוֹנִי?
וְלָמָּה, אֵל?

Ho fatto un sogno,
un sogno terribile:
non c’è il mio popolo, il mio popolo
non c’è più.

Gridando mi son destato:
Ahimè! Ahimè!
Quel che ho visto in sogno
è giunto, mi è accaduto!

Ah, Dio Altissimo!
Invoco tremante:
a quale scopo e perché
il mio popolo è morto?

A quale scopo e perché
è morto invano?
Non in guerra
non in battaglia…

Giovani, vecchi,
anche donne e bambini:
non ci sono, non ci sono più.
Torcetevi le mani!

Così straziato piangerò
giorno e notte:
a quale scopo, mio Signore?
E perché, Dio?

***

(Campo di Vittel, 1943)

Già nell’aprile del 1903, quando a Kishinev (l’odierna Chișinău, in Moldavia) si scatenò uno dei più feroci eccidi di ebrei che la storia ricordi, il poeta Hayim Nahman Bialik (1873-1934) nella lirica Al ha-Shehitah (“Sul massacro”) rivolgeva a Dio un grido di rabbia e di angoscia: “fino a quando? Fino a che punto? Fino a quando?” Andrebbero forse lette insieme, una dopo l’altra, la poesia di Bialik e “Ho fatto un sogno” di Yitzhak Katzenelson. In entrambi i testi incontriamo il disperato sgomento di due intellettuali ebrei, nati nel cuore dell’Europa e costretti ad assistere al barbaro omicidio del loro popolo, il popolo eletto, gli ebrei. Per questo, impotenti e addolorati, hanno interrogato Dio, alla ricerca di una risposta che potesse in qualche modo restituire un senso alla storia ebraica che appariva allora smarrita e abbandonata. Una risposta che, come sappiamo, non sarebbe giunta. Ovviamente per Yitzhak Katzenelson la disperazione fu assoluta, ancor più profonda della sofferenza, già enorme, provata da Bialik di fronte alla carneficina di Kishinev: egli, infatti, non si trovava dinanzi all’esplosione di un pogrom, come i russi chiamavano le cruente sommosse contro gli ebrei che per secoli funestarono l’Europa Orientale. Questa volta si trattava di uno sterminio sistematico e totale, compiuto con freddo calcolo e raziocinio: la “soluzione finale della questione ebraica”.
La poesia “Ho fatto un sogno” è stata scritta all’interno del campo di Vittel nel 1943, mentre Katzenelson, insieme al figlio Zvi, attendeva che si compisse un destino ormai già segnato. Poco dopo, padre e figlio furono trasferiti a Drancy e da lì furono mandati direttamente alle camere a gas di Auschwitz (la moglie fu uccisa a Treblinka, con gli altri due figli). Egli, però, fece in tempo a lasciare testimonianze straordinarie, nei versi di questa e di altre liriche, che compose sia in ebraico sia in yiddish. Tra tutte non si può dimenticare Dos lid funm oisgeharg’etn yidishn folk (“Il canto del popolo ebraico massacrato”), una delle più tragiche e potenti opere letterarie della Shoah. Conscio del valore del poema, l’autore stesso volle proteggerlo dalla violenza di quel tempo, perché potesse sopravvivere e testimoniare in vece sua. Lo nascose, infatti, in alcune bottiglie che seppellì nel campo di Vittel con l’aiuto dell’amica Miriam Novitch, la quale lo riportò alla luce dopo la guerra. Le parole di Yitzhak Katzenelson sono tremende, durissime nella loro ferma volontà di documentare ogni singola crudeltà compiuta in quegli anni. Esse testimoniano il lutto e la sofferenza di un popolo intero, ma più di ogni altra cosa richiamano l’uomo alle sue responsabilità storiche e, soprattutto, etiche.

Sara Ferrari

Per ascoltare il testo ebraico cantato:
http://www.zemereshet.co.il/song.asp?id=5064