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Cinema. Intervista a Oren Peli (Il Messaggero 05/06/2012)

30 giugno 2012

LOS ANGELES – Il nuovo mago del cinema paranormale, l’israeliano Oren Peli, sostiene di aver sempre odiato il genere horror e detestato i relativi brividi. «Vidi L’esorcista da ragazzino e non dormii per notti. Non sono più andato a vedere un horror fino a quando ne ho fatto uno io, Paranormal Activity. Da bravo scettico e neo-positivista non credo nel paranormale, nei fantasmi, negli X-Files. Ma ho scoperto di esser bravo a far venire i brividi agli altri. Facendo sbattere i cassetti».

Peli, 43 anni, ha scritto e prodotto Chernobyl Diaries (diretto dall’esordiente Brad Parker, proveniente dagli effetti speciali), appena uscito sugli schermi Usa, il 22 giugno in Italia. Stavolta lo sbattimento trascende cassetti e porte. A fare da sfondo alla paura qui c’è un luogo vero, la città-fantasma di Pripyat in Ucraina, un centro abitato costruito ad hoc per i lavoratori – e famiglie – della centrale atomica il cui reattore numero 4 esplose il 26 aprile del 1986, costringendo i 40 mila residenti a evacuare nel giro di poche ore, lasciando ogni effetto personale là dov’era. «Una decina d’anni fa è sorto un giro di turismo cosiddetto estremo a Pripyat, brevi gite organizzate in quell’abbandono surreale, qua e là tuttora contaminato» spiega Peli, incontrato a Los Angeles, dove adesso vive con la famiglia (proviene da San Diego, dove ha girato i primi due Paranormal Activity.)

Chernobyl Diaries segue un gruppo di sei giovani turisti che decidono di avventurarsi in gita guidata a Pripyat. L’avessero mai fatto. Dopo un rapido tour dei luoghi (ricostruiti nei dintorni di Belgrado e in Ungheria, nulla è stato girato in Ucraina, tanto meno a Chernobyl), la comitiva rimane bloccata in loco per l’ovvia e sospetta avaria al furgone. Di notte la ghost-city radioattiva dà segni di vita… Una specie di Io sono leggenda, ma a basso costo.

Oren, c’è chi ha contestato la scelta di usare come sfondo della finzione pulp una tragedia vera. Come risponde?
«Mi sembra un’accusa priva di fondamento. Il meltdown della centrale di Chernobyl viene ricordato e trattato con rispetto e adeguata angoscia. Il fatto che sia fiorito un turismo intorno a esso non è invenzione mia, è stata semmai una scoperta che mi ha fatto venire l’idea di innestare un racconto del brivido intorno a una centrale atomica dannata, con tutte le possibili conseguenze sulla natura».

Quando ha saputo del culto di Pripyat per la prima volta?
«Qualche anno fa vidi su Internet il blog di una ragazza che passa in moto per Pripyat e fa una specie di diario di viaggio. Ho quindi svolto ricerche e ho scoperto che circolano voci secondo cui c’è della gente che da Pripyat non è mai andata via. Leggende metropolitane, ovviamente, ma che valeva la pena indagare, o almeno giocarci intorno, senza insultare la vera storia».

Lei è diventato famoso coi suoi film a bassissimo costo e un girato stile materiale trovato, alla Blair Witch Project. Ma Chernobyl Diaries è girato in maniera più realistica. Perché?
«Volevamo conferire al film uno stile documentaristico. Abbiamo lasciato che gli attori improvvisassero i dialoghi su canovaccio. Per aumentare la dose di realismo il regista e io ci siamo divertiti a dare delle grandi sprangate sulle pareti esterne del furgoncino in cui gli attori erano rinchiusi di notte. I loro sobbalzi e le facce terrorizzate sono reazioni autentiche».

Saprebbe girare un film ad alto-medio budget?
«Sì, ma non mi interessa. Mi hanno offerto grossi film da dirigere o produrre, ho sempre declinato. Abbiamo girato Diaries con circa sei milioni di dollari, e non avete idea di quanto si possa mettere sullo schermo con queste cifre. Non capisco anzi come si possano sprecare cento e passa milioni di dollari per un film, per quanta azione ed effetti possano contenere. Sprechi assurdi».

Lei ha creato e sta producendo la serie tv The River, in collaborazione con Steven Spielberg. Che consigli le ha dato?
«Spielberg è chiaramente un maestro e veterano del cinema quanto della tv. Mi ha dato molte dritte ma per lo più si premura di assecondare la mia visione e lasciarmi fare. A quanto pare si fida del mio istinto».

I suoi horror preferiti?
«L’esorcista, naturalmente, poi Shining, Psycho, Suspiria, gli horror d’autore insomma».

Lei ha diretto un film intitolato Area 51. Una sorta di Chernobyl con gli extraterrestri?
«Lo stiamo mettendo a punto, ho rigirato qualche scena, e uscirà tra qualche mese. Non posso dire niente. Sto preparando anche Paranormal Activity 4, ma come sempre preferisco tenere la bocca cucita sui progetti ancora non usciti sullo schermo. Su Area 51 soprattutto, per non rovinare la sorpresa e perpetuare un altro enigma della cultura popolare».

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